Andrea Furcht

Lettera aperta a Patrizia Valduga



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Ho letto con interesse – unito, confesso, a un certo disgusto – il suo intervento Le domande dei milanesi che avevano la fiaccola pubblicato sulle pagine di La Repubblica-Milano di sabato 6 aprile.

Non entro nel merito del conflitto arabo-israeliano, sul quale abbiamo certamente opinioni assai diverse, perché non è questo che mi ha colpito in quanto ha scritto. Il passo “Eppure, se avessimo visto tra di noi un ebreo, uno soltanto, il nostro cuore avrebbe esultato come quello degli apostoli all'apparizione di Cristo risorto” mi induce a sottolineare quanto sia importante tenere ferma la distinzione tra argomenti mistici e dibattito sulla cosa pubblica, quale è anche la politica internazionale. Il suo cuore può esultare per qualsiasi divinità: la prego tuttavia di ricordare che – nonostante l'enorme e acritico spazio dedicato dai telegiornali, specie pubblici, alle prese di posizione vaticane – non siamo ancora una teocrazia.

Vorrei inoltre chiederle due cose:
  1. perché si prende la libertà di riportare e attribuire valore risolutivo a frasi di Zweig e dei profeti Samuele e Zaccaria, solo perché gli autori sono ebrei? È difficile giudicare se tali citazioni siano pertinenti, dato che sono isolate e quindi del tutto estranee al contesto, e sicuramente non erano volte a incoraggiare stragi di persone inermi, la cui unica colpa era fare la spesa o bere un caffè. Il punto è però un altro: un ebreo non rappresenta tutti gli ebrei, così come un italiano non rappresenta tutti gli italiani o un siberiano tutti i siberiani. Gli uomini sono tutti uguali (a priori) proprio perché tutti differenti, e vanno giudicati in quanto individui e non in quanto appartenenti a determinati gruppi, in particolare se per nascita e non per scelta (come potrebbe essere il caso dell'appartenenza a partiti politici). Se applicassi il suo metodo si potrebbe chiedere conto ai cattolici delle azioni dei tanti papi del passato, ad esempio quel crimine dimenticato (non ci sono eredi a ricordarlo), forse il più crudele di tutti, che fu la crociata contro i Catari. O rammentare ai poeti le parole di Giacomo Leopardi (non tutti i poeti sono fanatici religiosi, alcuni anzi sono fari del pensiero laico): “Il più certo modo di celare agli altri i confini del proprio sapere, è di non trapassarli” (Pensieri, LXXXVI). Mi vorrei però limitare, come italiano, a ricordare il nostro più grande scrittore di politica, Niccolò Machiavelli (fiorentino come Sartori, Fallaci e Terzani): “non si debbe mai lasciare seguire uno disordine per fuggire una guerra, perché non la si fugge, ma la si differisce a tuo disavvantaggio” (Il Principe, Libro IIIº); e poi ancora: “Però e' Romani, vedendo discosto l'inconvenienti, vi remediorono sempre, e non li lasciarono mai seguire per fuggire una guerra, perché sapevano che la guerra non si lieva, ma si differisce a vantaggio di altri; però vollero fare con Filippo ed Antioco guerra in Grecia, per non la avere a che fare con loro in Italia; e potevano per allora fuggire l'una e l'altra; il che non vollono”. Trovo queste sagge parole dense di ammonimenti per la situazione presente, ma non pretendo che tutti gli italiani, solo perché era questa l'opinione di un famoso italiano, concordino che sia questa l'unica soluzione dei dilemmi dei governi israeliano con il terrorismo e del governo americano con l'Iraq e il suo probabile riarmo con mezzi di distruzione di massa.
  2. ma soprattutto: come poteva mai sapere che nessun ebreo fosse presente alla fiaccolata? A meno che non foste così pochi da conoscervi personalmente e a fondo, su cosa basa questa supposizione? Riconosce gli ebrei dai tratti somatici, dall'odor di zolfo? È forse qualche apparizione celeste ad ispirarla? Devo in caso contrario informarla che la stella gialla dei tempi dei papa-re (o di qualche sanguinario dittatore d'oltralpe, peraltro non alieno dal misticismo) non è più obbligatoria. Spero non le spiaccia.

Andrea Furcht
www.furcht.it/andrea



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